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Il prana, la forza vitale
- Alberto Vezzani
- Tempo di lettura: 10 minuti
Se consideriamo i livelli di profondità che ognuno di noi sperimenta (in modo più o meno consapevole), lo strato più profondo di un essere umano è quello del Vuoto (śūnya). È questo lo stato trascendente, completamente vuoto di ogni forma ed energia, assolutamente immobile e silenzioso. Tutti accedono a questo strato dell’essere durante un sonno profondo senza sogni, ma possiamo toccarlo anche da svegli in meditazione.
Lo strato successivo del sé è quello del prana (prāṇa), che di solito è tradotto come “energia vitale” o “forza vitale”, è qualcosa che condividiamo con tutti gli esseri viventi.
Cos’è il Prana?
Il prāṇa è intimamente connesso, ma non identico, al respiro: affinché la vita continui il suo movimento è decisamente vitale.
Il prāṇa in effetti funge da interfaccia tra il corpo fisico e la mente: è la chiave per la connessione corpo e mente, sebbene sia più sottile e fondamentale di entrambi. L’aumento e l’esaurimento del prāṇa sono responsabili del nostro livello generale di energia e anche di molti dei nostri stati d’animo. Il prāṇa è collegato:
- alla dieta
- all’esercizio fisico
- al sonno e
- ai modelli di pensiero
L’identificazione con i vari livelli del prāṇa la esprimiamo a parole attraverso affermazioni come:
- sono eccitato
- sono svuotato
- mi sento vivo! O
- mi sento blah (una m…)
L’eccessiva identificazione con il prāṇa ci porta a dare troppa importanza ai nostri stati d’animo e a formare o modificare l’immagine di noi stessi sulla base del nostro stato d’animo o livello di energia.
Imparare ad utilizzare il respiro
Imparare a utilizzare il respiro, ad esempio, è molto importante per espandere il prāṇa, per migliorare e rendere più efficace la pratica di yoga e di conseguenza la propria vita.
La Respirazione Yogica e il gioco della Dea
Come ben sappiamo, il respiro è sinonimo di vita, la respirazione è così naturale e automatica che la maggior parte delle persone non si accorge neppure di stare respirando fino a quando il ritmo del respiro non aumenta o non viene in qualche modo limitato.
La vita entra nel nostro corpo-mente con la prima inspirazione e lo lascia con l’ultima espirazione. Il respiro è veramente un tutt’uno con la nostra forza vitale.
La forza vitale del respiro può essere considerata come il gioco di una dea divina, chiamata Shakti.
Shakti è l’energia creativa del divino che anima ogni cosa nell’universo. In sostanza, siamo sempre animati da questa energia divina, quando inspiriamo, è Shakti che esala in noi e quando espiriamo lo facciamo grazie alla sua inspirazione. Siamo quindi respirati dalla Dea Shakti.
Per lo yogi il respiro è un’estensione del prāṇa, o forza vitale, che circola nel corpo, è la manifestazione fisica del flusso naturale di questa energia e il mezzo attraverso il quale esprimiamo quello che c’è nei nostri cuori manifestandolo nel corpo.
Utilizzando il respiro aumentiamo la sensibilità al flusso di energia e grazie a ciò siamo più vicini alla realizzazione della nostra natura divina.
Il respiro ha la capacità di aprire il corpo e permettere alla nostra energia di fluire più liberamente durante la pratica dello yoga, la consapevolezza del respiro apporta una qualità attenta e sacra all’esecuzione degli asana.
L’uso corretto del respiro
Lo yoga è una pratica che permette di collegarci allo spirito profondo insito in ognuno di noi. Ci sintonizza con la vera essenza del cuore, dei sogni e dei desideri, per esprimerla con gioia attraverso il corpo-mente e Il respiro è il mezzo attraverso il quale realizziamo questa connessione. Una delle prime cose da imparare nello yoga è l’uso corretto del respiro.
Il respiro naturale
Alla nascita il nostro respiro è pieno, fluente e libero. Il nostro corpo e la nostra mente sono naturalmente predisposti per la massima espressione del respiro. Non dobbiamo pensare per respirare. Questo tipo di respirazione accade senza nessuno sforzo cosciente da parte nostra. È la respirazione chiamata “respiro naturale” che ha specifiche caratteristiche:
- Il pavimento pelvico si espande e si abbassa nell’inspirazione e si contrae e si solleva nell’espirazione.
- Le clavicole si alzano e ruotano nell’inspirazione e scendono nell’espirazione.
- Le braccia ruotano esternamente durante l’inspirazione e ruotano internamente nell’espirazione
Questa successione è chiaramente visibile nel respiro di un bambino, il suo pancino salirà e scenderà a ogni respiro. I bambini sembrano respirare con tutto il corpo, come se ogni parte di loro si espandesse e si contraesse al movimento del respiro. È possibile osservare la propria respirazione diaframmatica sdraiati sulla schiena notando il riempirsi e lo svuotarsi naturale del ventre con il respiro.
Il respiro naturale fluisce in noi come la più completa espressione dell’energia Shakti. Tuttavia, in caso di traumi mentali o emotivi possono subentrare altri tipi di respirazioni che limitano questo flusso naturale.
Per esempio, quando siamo minacciati o arrabbiati tutto il corpo si contrae ed entra in funzione il meccanismo ancestrale del “combatti o fuggi”, una risposta che il nostro organismo mette in atto ogni qualvolta si sente in pericolo. È uno stato in cui i nostri istinti di sopravvivenza hanno il sopravvento e nel quale; l’addome si contrae limitando la respirazione diaframmatica e s’instaura la rapida e poco profonda respirazione toracica. Sicuramente questo stato potrà tornare utile nel caso si faccia accidentalmente un passo di troppo davanti a un autobus in arrivo. Tuttavia, l’esposizione cronica alle circostanze che provocano la risposta di combatti o fuggi può
consolidare nel tempo una respirazione limitata. Lo stress emotivo causato da uno stile di vita frenetico può indurre una persona a perdere il contatto con la pienezza del proprio respiro.
Non è raro per noi occidentali utilizzare solo una piccola percentuale della propria capacità polmonare. Riprendere consapevolezza del nostro respiro naturale può aiutare a recuperare modelli di respirazione più sani.
La respirazione completa crea il riempimento e lo svuotamento naturale dell’addome assecondando il movimento del diaframma, il muscolo principale responsabile della respirazione. Il nostro torace è diviso in due cavità – la cavità toracica e la cavità addominale. Nella parte inferiore della cavità toracica vi è una membrana muscolare chiamata diaframma, che separa completamente queste due cavità. Come una testa di un tamburo tesa, in fondo alla nostra gabbia toracica, il contorno del diaframma si estende approssimativamente lungo la base delle costole.
Si inserisce nella parte inferiore dello sterno (nel centro del torace, da dove partono le costole) e segue il profilo inferiore delle costole fino alla parte lombare della colonna, dove si attacca con tessuti tendinei chiamati crura o pilastri. Ci sono tre aperture nella “testa del tamburo” del diaframma per consentire al sangue di fluire in modo discendente e ascendente e al cibo di passare. Il cuore si trova appena sopra il diaframma e gli organi digestivi subito al di sotto. Le superfici inferiori dei polmoni sono attaccate alla superficie superiore del diaframma.
Quando il diaframma si muove, con la sua vasta gamma di movimenti, cambia sostanzialmente il volume della cavità toracica. Anche i muscoli della gabbia toracica e della parte superiore del torace possono cambiarne il volume, anche se con molta meno efficienza rispetto al lavoro del diaframma.
Quando respiriamo naturalmente il diaframma si sposta verso il basso per creare il vuoto nella cavità toracica, che aspira l’aria nei polmoni. Poiché il movimento verso il basso della membrana sposta gli organi dell’addome, la pancia si distende (si gonfia) naturalmente nell’inspirazione e si svuota in espirazione. È possibile aumentare la consapevolezza del diaframma appoggiando sull’addome un piccolo peso morbido, come un sacchetto di riso o di fagioli, nello spazio tra le costole e l’ombelico. Quando inspirate potrete notare il lavoro che il diaframma deve compiere per sollevare il peso extra. Mentre espirate, lasciate che il ventre si svuoti dolcemente sotto il peso del sacchetto. Aumentare semplicemente la consapevolezza del proprio respiro naturale, senza cercare di manipolarlo o controllarlo, apporterà un prezioso stato di pace e di relax.
Il pranayama, la tecnica di controllo della respirazione nello yoga
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AUTORE
Alberto Vezzani
Alberto è insegnante ECAT per l’Anusara Yoga®. Studia e pratica yoga con grande dedizione e passione dal 2004 dopo il folgorante incontro con Cesare Boni che lo ha condotto verso l’iniziazione al cammino dello Yoga e ad approfondire la meditazione e le pratiche tradizionali sotto la guida della sua Guru.
Alberto muove i suoi primi Asana con Andrea Boni e inizia successivamente a studiare Hatha Yoga con Piero Vivarelli. Studia Hatha Yoga con altri incredibili insegnanti quali John Friend, Desiree Rambaugh, Sianna Sherman Noah Maze, Mark Holzman, Ross Rayburn e segue costantemente i suoi insegnanti di filosofia tantrica non duale e scritture orientali; Carlos Pomeda, Mark Diczkowski, Christopher Wallis. Ha studiato con Sally Kempton e Bill Mahoney. Ha vissuto e frequenta regolarmente gli Ashram della sua Guru in India e negli Stati Uniti. Alberto si inchina con infinita riconoscenza e gratitudine ai suoi maestri.
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